Si possono definire caratteristiche umane, pregi e difetti caratteriali di una persona – tanti altri aspetti – e così anche le loro malattie, ma non loro, che restano “semplicemente” persone e ci sono storie dedicate al racconto di vite “diverse”, ricche a modo loro, come la delicata favola Molto non è poco, scritta da Sabina Colloredo e illustrata da Marco Brancato (Carthusia Edizioni, 2017), che accompagnano i bambini proprio alla scoperta di questa immensa verità.
La fantasia di porsi delle domande, alla scoperta del mondo, è prassi tra i più piccini, la capacità di darsi delle risposte richiede invece del tempo. Ed è crescendo che mi sono detta che le “categorizzazioni” linguistiche degli oggetti ci aiutano senza dubbio a comunicare, dunque tradotto a vivere, ma quelle “umane” non hanno motivo di esistere.
La sindrome di Sotos è una malattia genetica rara che comporta una crescita eccessiva durante il periodo infantile, macrocefalia, difficoltà di apprendimento e ritardi nello sviluppo delle capacità congnitive e motorie, e se nella tradizione fiabesca per i fanciulli, compaiono da decenni, per lo più, le classiche rappresentazioni di un immaginario costellato di principesse, principi, qualche mostro inesorabilmente sconfitto e lieti fini, le combinazioni narrative sono davvero infinite e tra queste “ASSI Gulliver – Associazione Sindrome di Sotos” ha deciso di raccontare quella dei loro “piccoli giganti”.